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Il Mito: Una Narrativa Malleabile, Ecco Come il Contesto e il Narratore Plasmano la Storia.

Aggiornamento: 4 giorni fa



Gian Lorenzo Bernini, Apollo and Daphne, 1622 - 1625, marble sculpture, height 243 cm, Galleria Borghese, Rome. Photo: Alvesgaspar. This file is licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.


La settimana scorsa ho condiviso un file audio contenente la mia rivisitazione del mito di Dafne, ma ho sentito che alcuni di voi hanno avuto difficoltà ad accedervi. Pertanto, ho trasformato l'audio in un articolo scritto per garantire che tutti possano apprezzarne il contenuto. Ora potrai immergerti nella lettura quando più lo desideri, seguendo il tuo personale ritmo. Buona continuazione!


I Miti e la Loro Caratteristica Malleabilità


Spero tu abbia apprezzato la lettura del precedente articolo: "Myths: A Neverending Narrative" e la divertente "curiosità fallica" che ho aggiunto alla fine. Come avrai ormai notato, adoro lanciare qua e là qualche chicca di "sapere fallico'", quindi se hai fame di sapere, continua a leggere i miei post! In quell'articolo abbiamo anche approfondito l'affascinante mondo dei miti ed esplorato il modo in cui sono stati intrecciati nel tessuto della storia umana. Abbiamo discusso delle loro origini, potere, struttura e della loro caratteristica malleabilità.


Sì, malleabilità, questa è la parola giusta! I miti non sono mai storie statiche ma in qualche modo fluide e adattabili, soggette a cambiare forma per entrare in sintonia con diversi tipi di pubblico. Il modo in cui un mito viene raccontato può avere un impatto non indifferente sul suo significato e sulla sua interpretazione. Inoltre, un mito narrato da una persona può assumere un significato completamente diverso se raccontato da un'altra, come scoprirai presto leggendo la mia rivisitazione e, attenzione spoiler, c'è anche un piccolo ed immancabile riferimento fallico nella storia!


         Sicuramente il mito che ho scelto di raccontare oggi ti sarà familiare. Forse ne avrai visto un’interpretazione visiva visitando Villa Borghese a Roma o magari ti sarà pervenuto in forma scritta fra le pagine delle Metamorfosi di Ovidio. Indipendentemente dal tipo di medium utilizzato, il mito di Dafne continua ad affascinare intellettuali ed artisti.


La mia rivisitazione è inevitabilmente influenzata dal contesto in cui vivo, dalle mie idee e dalla mia esperienza. Dato che sono interessata al true crime, alle storie dell'orrore e al femminismo (che mix, eh?), la mia versione dipinge un'immagine diversa del dio del sole rispetto a quella di Ovidio. Infatti, nella mia versione, Apollo indossa gli oscuri abiti di un predatore sessuale, mentre Dafne incarna una delle innumerevoli donne che, sia nel passato che nel presente, sono soggette ad abusi e oggettificazione.



Giovanni Battista Tiepolo, Apollo Pursuing Daphne, c. 1755 - 1760, oil on canvas, 68.5 x 87 cm, National Gallery of Art, Washington. This file is made available under the Creative Commons CCo 1.o Universal Public Domain Dedication.


La Mia Versione: Apollo e la Cattura di Dafne


I piedi del dio si muovevano celeri, schiacciando tutto ciò che si trovava tra lui e la sua preda, mentre il cuore della ninfa batteva all'impazzata ed ogni battito seguiva il ritmo dei suoi passi fugaci.


"Per amor di Zeus, lasciami in pace, Apollo!", gridò la ninfa.


"Piantala di fuggire, Daphne! Rallenta, per favore, potresti farti male e rovinare la tua candida pelle..."


Le suppliche del dio si facevano sempre più tonanti, e tanto più queste arrivavano nitide all'orecchio della ninfa tanto più le guance della creatura perdevano il colorito roseo che le aveva un tempo marcate, fintantochè queste assunsero un pallore spettreale. Il petto della ninfa si fece pesante come un masso, e respirare divenne per lei una lotta continua. I suoi occhi lasciarono andare un'unica lacrima, che colpita dalla luce del sole, si illuminò prima di spegnersi sulla terra arida, accendendo così la fiamma della compassione di Gaia. Il fertile grembo della dea diede alla luce una serie di radici, formando una rete silenziosa di arterie sotterranee, che nel loro tacito pulsare ne divennero messaggere, allertando albero dopo albero fino a raggiungere le radici dissetate dalle acque di Peneo. Il fiume – udito il messaggio – animò le radici dell’antica quercia accanto alla ninfa, e mentre i suoi rami sotterranei si estendevano, afferrarono la caviglia di Dafne – paralizzata dal freddo abbraccio del terrore.


Gli occhi color smeraldo della ninfa partorirono cascate di lacrime, mentre la passione che animava il dio straripava come un fiume in piena, oramai prossimo a travolgere Dafne. Quando le dita umide del dio entrarono in contatto con quelle di lei, una rete di tentacoli di agonia penetrarono la pelle un tempo liscia della ninfa, scavando canyon sulla sua superficie. Un lancinante grido di dolore fuggì via dalle labbra di Dafne, allarmando gli uccelli appollaiati sui rami circostanti, creando una nuvola scura che incombeva sulle cime degli alberi mentre la sua pelle si lacerava e si sfaldava. Le radici che la intrappolavano cominciarono a insinuarsi nella sua carne come vermi, pulsando e strisciando, pulsando e strisciando, ancora e ancora, increspando la superficie della sua pelle, consumandone così i tessuti carnosi finché tutto ciò che rimase di lei non furono altro che meri arti di legno.



Jacob Auer, Apollo and Daphne, c. 1688, ivory sculpture, height 43,9 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna. Photo: Manfred Werner (Tsui) - CC by-sa 4.0.


Il sorriso di Apollo svanì quando la sua mano affondò in una massa di foglie invece che su morbida pelle.  Seguendo le curve sinuose del gigante di legno, il suo mento si sollevò mentre i suoi occhi si posavano sulle braccia tese di Dafne, che si erano trasformate in rami rigogliosi. Questi, raggiungendo le nuvole temporalesche che si avvicinavano, ne solleticavano dolcemente le masse grigie e vorticose con le loro verdi foglie. L'insistente turgore di Apollo svanì, ritirandosi come onde nei recessi più intimi del suo essere, lasciandolo con un languido membro e un'inappagata sete di piacere.


"Quindi preferisci essere un albero piuttosto che essere posseduta da me, stupida ninfa!"


Alzandosi, un alito di vento portò note di un profumo dolce e amaro alle narici del dio. I suoi polmoni, avari, se ne riempirono, espandendone il petto scolpito, e mentre accarezzava la superficie ruvida del tronco dell'albero, lasciò andare un pesante sospiro.


"Se non puoi essere la mia donna, sarai il mio albero!"


Il desiderio malato di possederla non era ancora svanito. Mentre accarezzava i delicati ramoscelli, sentì la consistenza ruvida della loro corteccia sotto la punta delle sue dita, ed ebbe la sensazione che i rami rifuggissero ancora dal suo tocco, ma forse questa era solo una sua impressione. Ahimè, neanche le nuove sembianze della ninfa erano riuscite ad estinguere le ardenti fiamme che alimentavano la follia amorosa causata dalla freccia d'oro di Cupido, che, silenziosa, aveva trafitto il suo cuore.


Se solo non avessi provocato l'ira di Cupido... Rimuginò tra se e se.


Cominciò maniacalmente a spezzare gli stessi ramoscelli che fino a un attimo prima sembravano fuggire dal suo tocco, lasciando che le note acute e soddisfacenti dei rametti spezzati riempissero l'aria intorno a lui. Le sue orecchie seguivano lo schiocco perfetto, i suoi occhi selezionavano attentamente i candidati ideali mentre le sue mani scivolavano lungo la superficie dei ramoscelli, esaminandone la lunghezza e lo spessore. Una volta terminata la raccolta, si allontanò lentamente dall'albero, iniziando a intrecciare i rametti fra di loro, modellandoli a suo piacimento. Sotto le sue abili dita, la corona cominciò a prendere forma. Le foglie e i viticci si torcevano e giravano in una danza aggraziata sotto al suo tocco manipolatore.


I movimenti ripetivi e ipnotici del legno che si torceva sotto le sue dita lo fecero cadere in una trans e, quando la corona d'alloro fu pronta, la metamorfosi di Dafne divenne palese. La ninfa, che aveva guardato negli occhi del dio del sole, e in questi scorto il suo riflesso consumarsi nelle ferventi fiamme del suo desiderio, si era trasformata in un albero e, infine, da albero in un oggetto.


Un sorriso distorto si disegnò sul volto splendente di Apollo.


“Ora, mio amato e inviolato albero, ornerai i miei boccoli dorati e cingerai il mio capo per sempre. Ahahah!"


Scritto da Gabriella Sentina

18/12/2024

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